mercoledì 7 dicembre 2011

Suede: La Prossima Vita è Arrivata

Mai dire mai! Eppure, quando alla fine del 2003 Brett Anderson, frontman degli Suede, decreta con parole sibilline («ci sarà un altro album… ma non ancora!») lo scioglimento della band, non molti avrebbero scommesso su una reunion, almeno non in tempi così brevi. Salutati i fan con una frase presa da uno dei brani più toccanti del loro album di debutto: “see you in the next life”, i membri del gruppo si dedicano a progetti solistici che il più delle volte si rivelano di notevole pregio artistico, ma quasi sempre anche di scarso successo commerciale. Da ricordare almeno "Here Come the Tears", lavoro datato 2005 a firma The Tears, ensemble che vede la collaborazione di Anderson e di un altro ex-Suede, il chitarrista Bernard Butler. Il resto è storia recente: Brett decide a sorpresa, galeotto un concerto di beneficenza tenutosi il 24 marzo 2010 alla Royal Albert Hall di Londra, di riformare gli Suede, che intraprendono di lì a poco un tour nelle maggiori città europee (non in Italia purtroppo) che viene chiuso il 7 dicembre nella capitale del Regno Unito all’O2 Arena. La “prossima vita” della formazione londinese è dunque iniziata. Ancora incerti sul loro futuro e sulla possibilità di produrre nuovo materiale da studio (consci essi stessi che se lo faranno dovranno mantenersi all’altezza dei vecchi classici), gli Suede, nel novembre dello scorso anno, hanno pubblicato un “The Best of”, con il quale ci ricordano di essere stati uno dei gruppi di rock alternativo inglese più importanti degli anni ‘90, nonché tra i precursori, spesso non accreditati, del movimento Britpop; per far ciò ripercorrono la loro carriera (iniziata nel 1989 e costellata da ben 5 album) nello spazio di due CD. Per l’occasione, tutti i brani sono stati rimasterizzati fornendo così una maggiore limpidezza del suono e rendendo maggiormente udibili alcuni dettagli musicali rispetto ai dischi originari (preludio all’imminente ripubblicazione del loro intero catalogo in versione remastered con bonus track inedite).

Il primo CD non è altro che un elenco quasi esaustivo di tutti i loro singoli; le due uniche omissioni sono Positivity, a suo tempo un grosso passo falso, odiato sia dalla band che dai fan, e Attitude, ultimo singolo di poco successo estratto da una precedente raccolta uscita poco prima dello scioglimento. Procedendo ad un’analisi più dettagliata, che per comodità verrà fatta in ordine cronologico (che non è invece seguito nella tracklist della raccolta), i singoli dell’omonimo album di debutto del 1993 sono caratterizzati dalle chitarre graffianti e onnipresenti di Butler, che intrecciano tessiture musicali interessanti e mai fuori posto, e dall’interpretazione glam di Anderson, che si destreggia tranquillamente tra voce piena e falsetto, spesso rappresentando le canzoni come fosse un attore calato nella parte; brani come Animal Nitrate, So Young e The Drowners se da un lato si ispirano alla tradizione del glam-rock britannico, dall’altro contengono una loro unicità, prevalentemente fornita dall’accoppiata voce/chitarra, rinforzata dai testi di Anderson, enigmatici, ambigui, a doppio senso e spesso difficili da interpretare, che l’ascoltatore può personalizzare e che, se contestualizzati, danno vita a storie e situazioni decisamente interessanti, quasi dei mini-film. Dopo aver citato l’obbligatoria inclusione del singolo “di passaggio” Stay Together (nonostante sia stato quasi subito ripudiato dalla band, si è posizionato al numero 3 in UK), esaminiamo adesso il secondo album, “Dog Man Star” (1994); questo si differenzia dal primo, più diretto, per le atmosfere musicalmente oscure e per le liriche onirico/deliranti, ma i brani scelti come singoli hanno uno stampo più commerciale e, dunque, si contrappongono in modo marcato al resto del disco, dove si trovano brani decisamente fuori dagli schemi e di comprensione meno immediata; per cui canzoni come la lenta e suburbana The Wild Ones (uno dei loro brani-simbolo, elevato dai fan allo status di “classico”), l’accattivante New Generation (in cui si inserisce una sezione di fiati, inusuale per un gruppo rock) e l’aggressiva We Are the Pigs, con un testo dal sapore rivoluzionario, si collocano come un’ideale continuazione dei singoli precedenti. Uscito Butler dal gruppo per divergenze creative col resto della band, gli Suede non gettano, come buona parte della stampa inglese ha previsto, la spugna, ma ingaggiano un nuovo e giovanissimo chitarrista-compositore, Richard Oakes, ed aggiungono inoltre il tastierista-compositore Neil Codling alla loro formazione, approfittandone anche per virare verso atmosfere più pop e commerciali. Ecco dunque che i singoli, tutti di successo ed entrati nella Top 10 inglese, estratti dal terzo album “Coming Up” (1996), saranno sicuramente familiari anche a chi non conosce il gruppo. Trash, la cui parte cantata ricorda molto da vicino un giovane Bowie e in cui una coppia di amanti con un forte senso di autocritica si definisce come spazzatura, è il loro pezzo di maggior successo (numero 3 in UK), all’epoca passato abbondantemente anche nelle radio italiane; Beautiful Ones è il più orecchiabile (forse anche troppo, per i fan abituati alle atmosfere più dure dei primi album) e con un testo pieno di nonsense beatlesiani; Saturday Night è una delle loro poche canzoni d’amore che riesce a coniugare una soave melodia con un testo romantico, ma non particolarmente scontato o banale. Sempre con questa formazione, il gruppo continua con un quarto album, “Head Music” (1999), in cui il rock puro delle origini viene contaminato da una dose non eccessiva di elettronica e sperimentazione sonora, con risultati che soddisfano il pubblico e la critica: fra i singoli estratti da questo album, troviamo la famosissima She’s in Fashion, tormentone dell’estate anche presso le frequenze FM e le TV musicali italiane, ed Everything Will Flow, riflessione filosofica in chiave moderna ispirata al “panta rei” di eraclitiana memoria, condita con un sapiente uso di archi. Infine, nonostante Brett Anderson abbia di recente “ripudiato” il quinto (ed attualmente ultimo) lavoro degli Suede, “A New Morning” (2002), indicandolo come un fallimento sia in termini di vendite che artistici (è un album più acustico e riflessivo e meno rock, passato attraverso una genesi molto lunga che vede alternarsi vari produttori e la defezione di Codling, che, ammalatosi, lascia il posto ad Alex Lee degli Strangelove), viene comunque incluso nella raccolta Obsessions, probabilmente in quanto è il pezzo che più si avvicina alle sonorità rock del passato.

Se il primo disco ci ha mostrato la facciata “commerciale” del gruppo, fatta da singoli di successo e persino da alcuni tormentoni radiofonici (un aspetto che sorprende se pensiamo che la band è nata con l’etichetta rock alternativo/indie), il secondo CD ce ne mostra, invece, il lato più intimista, quello meno conosciuto dal grande pubblico e che, a mio parere, vale più la pena di scoprire. La tracklist, infatti, è composta da brani tratti dai primi tre lavori (ma non usciti come singoli) e da alcune B-sides (cioè brani extra pubblicati solo sui singoli in aggiunta al brano portante), che nel loro caso sono quasi sempre state di altissima qualità e, piuttosto che “scarti” o “pezzi minori”, vanno considerate alla stregua di vere e proprie gemme ingiustamente escluse dagli album. Il “lato oscuro” degli Suede viene rappresentato da pezzi “elaborati” come The Asphalt World, Heroine e Pantomime Horse, i cui testi si prestano a moltissime interpretazioni a sfondo erotico/visionario (non è un mistero che quelli dei primi due album siano stati scritti da un Brett Anderson sotto effetto di droghe); da B-sides ormai entrate a far parte dei classici del repertorio dal vivo come Europe is our Playground (quasi presa come inno dagli appassionati europei), My Insatiable One e Killing of a Flashboy; da pezzi struggenti come By the Sea (una ballata pianistica con un testo enigmatico che riflette la volontà di andare a vivere sott’acqua), The Living Dead (una melodia delicatissima e commovente eseguita alla chitarra acustica con un testo allo stesso tempo poetico e tragico su una coppia di amanti distrutta dall’uso delle droghe) e The 2 of Us (altra ballata pianistica che man mano cresce d’intensità con un testo emotivamente molto forte, che narra la disperazione di chi ripercorre, attraverso i ricordi, una storia d’amore appena conclusa); da brani orchestrali come She (dalle atmosfere alla 007) e Still Life (un sontuoso pezzo che inizia in sordina con la chitarra acustica e termina con una coda strumentale maestosa e complessa, eseguita da un’intera orchestra; a detta di chi scrive il loro capolavoro); e dalla già citata The Next Life, solo voce e piano, che, oltre a essere dedicata alla scomparsa madre di Brett, per gli Suede e i loro ammiratori assume una valenza simbolica molto alta, e non a caso, infatti, è messa come ultimo brano della compilation. La storia degli Suede è ricca di colpi di scena, di sorprese, ripensamenti, cambiamenti, tragedie e risurrezioni. Quale altro capitolo verrà scritto nella loro “prossima vita”?


Sito ufficiale: http://www.suede.co.uk/


Autore: Andrea Grasso
Pubblicato su: http://www.dietrolequinteonline.it/?p=3623



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